Guess who’s back? cantava Eminem in Without me, nell’ormai lontano 2002.
Indovina chi è tornato a 46 anni ma con ancora tanta voglia di dire e fare? Proprio lui, Marshall Bruce Mathers III, alias Eminem.
L’improvvisa uscita di Kamikaze, il suo nuovo album, ha spiazzato tutti. Nessun annuncio precedente, niente hype, zero comunicazione.
Solo un semplice tweet “Ho cercato di non pensarci troppo. Godetevelo”.
Esce così il decimo album da solista, appena 9 mesi dopo Revival. Mai era capitato nella sua carriera una così rapida uscita.
Vista così sembra un lavoretto da quattro soldi, e la stessa mancanza di pubblicità può essere intesa come un voler mettere le mani avanti, soprattutto considerando il sorprendente “flop” di Revival. Invece, proprio dalla delusione e dalle critiche conseguenti al recente insuccesso nasce la voglia di riscattarsi e al più presto.
E lo fa a modo suo. Ovviamente.
Avrete già letto della copertina dell’album, omaggio a Licensed to Ill, l’album di debutto dei Beastie Boys, pionieri dell’hip hop bianco; così come del titolo Kamikaze, definizione data da Eminem a Trump, il quale sarebbe “un kamikaze che causerà probabilmente un olocausto nucleare”.
Ma cosa ci interessa realmente?
Questo è forse l’album in cui Eminem racchiude tutto il suo modo di vedere e sentire la musica, l’hip hop, la sua arte più in generale. Chiarisce chi sono gli amici e chi i nemici (ce ne sono più di secondi in realtà). La critica al Trap, ai Migos, a Drake, a Lil Pump, 21 Savage e a tutto il resto. E come lo fa? TRAPPANDO.
Però lui è Eminem. Allora prima dimostra di saper fare meglio quel tipo di musica “facile”, e poi con extrabeat, accelarazioni, flow aggressivo ed incalzante, ricorda chi è veramente: un bianco che faceva il culo ai neri con la musica dei neri.
Gioca, sperimenta, diventa serio e poi scherza di nuovo. Si sfoga.
Tredici brani, ma in realtà quarto e sesto sono un botta e risposta, tramite messaggi vocali tra il rapper e il suo manager Paul Rosenberg. Altro segno emblematico della sua voglia di voler mettere i puntini sulle i. Difatti è una discussione nella quale il manager lo rimprovera per aver voluto far uscire un album che critichi le critiche ricevute, sia perché non si può pensare di avere tutti dalla propria parte e sia perché in questo modo si entra in un loop infinito. Poi che fai Kamikaze 2 (sto parafrasando ndr.)? Ed Em non la prende benissimo e chiarisce che quelle critiche sono ingenerose e non le riesce proprio a digerire.
Kamikaze è “merda di artista” . Era la necessità per Eminem di esternare quello che aveva dentro e che proprio non poteva tenersi. Certo, in maniera creativa ma spontanea, poetica ma grezza.
Non sarà certo la sua opera migliore, ma per uno che non ci ha “pensato troppo” non è poca roba… Ed anzi è proprio questa naturalezza ciò che rende Kamikaze un grande album.
Enjoy!
di Fulvio Mele